Rigettati dal sistema che ti obbliga a stringere rapporti e relazioni personali per rendere i propri progetti al meglio, invece che continuare a tirare le testate contro il muro che potete trovare sopra di voi, abbiamo scelto di andare ancora più giù. Ricercare è il naturale strumento che abbiamo a nostra disposizione per non rimanere fermi, invecchiare o semplicemente morire, scavare invece è il super potere per trovarci meno soli e renderci conto che ci sono una montagna di cose, non scontate, in grado di salvarci da tutti gli schemi mentali concepiti nella nostra essenza. Scaviamo dischi, ricerchiamo persone, lo facciamo perché ci serve per sopravvivere o semplicemente per lavorare con nuovi processi creativi. Quando saremo stanchi, almeno vogliamo avere la pancia così piena da scavarci da soli, perchè peseremo fin troppo. Alla fine, lo scopo di tutto ciò è proprio quello, evitando di passare necessariamente dal piano di sopra, anche perchè quando sei brutto sporco e cattivo, non sei proprio invitato a tutti i salotti perbene.
Avevamo disperatamente bisogno di continuare a cercare, annusare, sostenere e farvi conoscere dischi, realtà, associazioni, spazi, idee, insomma non potevamo limitarci a un semplice manifesto come quello che vedete sopra; per stare in movimento, bisogna fare del movimento e quindi seguirlo. Abbiamo scavato e per fortuna le nostre strade si sono intrecciate con quello che leggerete e ascolterete di seguito. Sono tutti progetti che fanno bene al sottosuolo e che meritano di essere sostenuti, perchè alimentano l’idea che oltre alla bulimia comunicativa in cui viviamo c’è sempre uno spillo a farti respirare le cose.
Tra le cose più surreali di questi anni, che ci sono capitate e per cui siamo sinceramente tutti colpevoli, c’è questa tremenda immondizia delle playlist. Un progetto che viene definito per caratteristiche a seconda della playlist di riferimento. “Ciao sono uno che lavora nella musica e ti sto per dire che il tuo progetto è molto NOME PLAYLIST X” – “Ciao, sono uno che vuole farti fare carriera nella musica (povero illuso) e il tuo progetto potrebbe finire in NOME PLAYLIST” – corsi e sangue amarissimo per questa rincorsa. Produttori che fanno le chitarre come NOME PLAYLIST o le batterie come NOME PLAYLIST. Insomma, che tu possa lavorare ad altissimi livelli ed essere un grandissimo professionista o un semplice discografico indipendente che nella vita di tutti i giorni è Bruce Wayne al confronto di Batman, ci sei capitato in questi discorsi surreali. E forse sei stato consapevole e hai detto: beh, hanno ragione. Ecco, il vento per fortuna sta cambiando o almeno cambierà, noi oltre a fare una sana autocritica abbiamo scelto di rispondere a colpi di progetti Italiani (cioè nati o cresciuti in Italia) con la vista per l’estero o meglio, per il mondo. Una sorta di risposta come credo a tutti i discorsi da quattro soldi sul valore dell’identità artistica, troppe volte messa in discussione da parametri che non rispettano la realtà della civiltà che dovrebbe (usiamo il condizionale) circondarci. Quindi, anche e soprattutto per questo, adesso tuffatevi in questa mega raccolta e tirate fuori tutta l’energia del mondo per spingere qualche tasto di riproduzione. Magari ci darete ragione, magari no, magari ci consigliate qualcosa che non conosciamo.
Una delle cose più terrificanti nella narrativa quotidiana è la nostalgia. L’ essere umano è bombardato da input di ogni genere e in maniera spesso inconsapevole tende a preferire tutto quello che è appena trascorso. Anche quando ci divertiamo nell’arco di uno spazio temporale, appena terminato, i giorni successivi ripenseremo a quanto ci siamo divertiti con quel vigore nostalgico. Più in generale questa caratteristica, figlia dei tempi, riguarda qualunque argomento: politica, sport, rapporti personali e musica. In maniera più sincera, capita spesso di raccontarsi che ormai un qualcosa è finito e bisogna guardare avanti considerando che il meglio è passato. Fateci caso, la colpa non è altro che della comunicazione che ci fa sembrare più vecchi appena terminata la lettura di questo scritto.
La grande corsa al nuovo singolo. Le sponsorizzazioni del nuovo singolo. Le stories dove si ringrazia qualcuno perchè è appena uscito il nuovo singolo. Il Venerdì sera, le playlist, lo scrool nevrotico e i risultati. Risultati che non arrivano per questo nuovo singolo. E allora, esattamente 70 secondi dopo la pubblicazione del nuovo singolo bisogna pensare a un nuovo singolo. Ah, ogni tanto c’è anche il video che chiaramente non vedrà nessuno ma l’importante è avere un sito che lo pubblica in modo tale da fare una “premiere” copia incolla dall’ufficio stampa e senza lancio sui social network. Insomma, la grande corsa al nuovo singolo è in realtà una gigantesca cazzata da musica usa e getta. In questi mesi però sono usciti anche dei bellissimi dischi, qualcuno probabilmente lo conoscete già, altri vi mancano, sicuramente qualcosa manca anche a noi, però ci siamo appuntati delle cose che hanno un senso: fare dischi in Italia è necessario per combattere la bulimia del mercato, altrimenti i progetti indipendenti (ma non solo) vengono gettati nel cestino come queste parole.
Non è necessario farsi pagare per pubblicare dischi, vendere servizi di ufficio stampa fittizi, dare posizioni e piazzamenti in playlist a botte di ricariche PayPal e stringere mani nei peggiori bar della città dove l’industria musicale vive (ovvero Milano). No dai, non è necessario tutto questo. C’è del movimento invisibile, che però fa grande rumore e nell’epoca del tracollo nella corsa ai numeri, ai risultati e ai fottuti responsi, ci sembra il minimo non solo smettere di parlare male del prossimo in questo settore, ma far vedere chi coltiva determinati contenuti dal basso, senza bandi necessari per sopravvivere grazie a corsi di formazioni inventati con professionisti del settore che se la raccontano su quanto sono stati bravi negli ultimi anni. Le cose accadono fuori, per strada, nei bar più terrificanti di provincia e nei club dove l’ingresso non ti costa per forza 9 birre medie. Poi c’è tutto un gioco del self-made che torna alla carica, come negli anni 10, come i tempi dove non esistevano i social network e contarsi era veramente impossibile. O meglio contarsi, serviva solamente per conoscersi e quindi, giudicate voi la differenza.
Rapida carrellata di realtà indipendenti che muovono cose all’interno di città, passando anche per il gustoso internet, magari lontani dalle classifiche, ma sicuramente da scoprire. Oltre il buio a un certo punto c’è una luce, non spegnetela, andate a sostenere. Conviene a tutti. Fidatevi.
Tanto lo sapete, in questi anni con la scena soundcloud vi abbiamo rotto abbastanza i coglioni. ††MEGADROP†† è il progetto che abbiamo creato come strumento di ricerca – ossessiva – compulsiva – una roba da persone che non stanno benissimo e per molti, non hanno un cazzo da fare. Eppure tutto il movimento che abbiamo visto nascere, crescere e poi decollare da questo social (che poi in realtà è una piattaforma di streaming) ci ha permesso di tornare alla parte genuina della musica indipendente. Quella fatta veramente in casa dal proprio computer, che figlia di una pandemia mondiale che tutti conosciamo, ha permesso anche delle connessioni digitali da Nord e Sud e in varie parti del mondo. Insomma è stato possibile fare collaborazioni con semplici messaggi su instagram, senza troppi manager o etichetta tra i piedi. Ecco, questa naturalezza con cui si scrive una canzone, si collabora, si esporta e sei subito in casa di altri con qualcosa che hai concepito poco prima, ci ha ricordato il motivo per cui questo collettivo/gruppo di persone è nato, ovvero la sincerità con cui si provano a fare le cose. Perchè alla fine provare senza essere professionali, ti aiuta una marea nel conoscerti. E conoscersi alla fine non ci lascia soli. Questo conta. Di seguito però, tolta questa poesia inutile, abbiamo selezionato un po’ di dischi, che ci sono piaciuti tantissimo, quasi tutti in esclusiva su soundcloud. Prego, mettetevi le cuffie, sentitevi meno soli.
Sul tema dell’industria musicale e il sesso femminile si è detto tanto. Abbiamo visto dati, classifiche, opinioni, tentativi di dibattito e poche soluzioni. Perché il mercato difficilmente ha soluzioni e sicuramente bisogna cercare di affrontare la questione facendo qualche passo indietro. Noi siamo una realtà attiva nella ricerca, nello scovare con curiosità (e non sempre professionalità) qualcosa che si muove. Non importa il genere, non importa la scatola in cui chiuderlo e raccontarlo, importa solo che sia in movimento. Ci sarebbero molte cose da aggiungere su come viene percepito il sesso femminile nell’ambiente musicale, non solo a livello artistico ma soprattutto tra pubblico, operatori o semplicemente nei seguaci digitali. Si può sicuramente partire dalle idee malsane di un ambiente maschile molto simile a uno spogliatoio, che troppo spesso si arroga il diritto di trovare una soluzione, creando così, ancor di più un problema. Un precedente. Uomini che parlano con altri uomini su come migliorare la situazione femminile nell’industria musicale in Italia? Nulla di più spogliatoio del calcetto possa esistere. Noi facciamo l’unica cosa necessaria, ci mettiamo da parte e proviamo a demistificare il tutto, a fare ciò che sappiamo fare meglio e vedere se può essere utile girare lo sguardo su alcuni progetti femminili che meritano un giusto focus nel nostro paese. Non abbiamo scelto classifiche o playlist, siamo andati a ballare e ci siamo resi conto di tutta la potenzialità che viene dal sottosuolo e di quanto possa essere politico tutto ciò. Non ci sono copertine, non ci sono linee editoriali, strategie del cazzo. Si torna all’aspetto genuino e animale della questione.
E alla fine venne il giorno. Questo è quel tipo di contenuto che resta lì nel mare d’internet e invecchierà benissimo. Lo farà perchè abbiamo indicizzato i nomi degli artisti così tra qualche tempo raccoglieremo i frutti dei miliardi di seguaci che avranno ai loro concerti e/o nelle loro attività digitali (magari diventeranno tutti potentissimi youtuber di candid camera o cose così). Di base, nelle ultime settimane avevamo letto che ci sarà una specie di algoritmo per trovare la nuova popstar, quindi sostanzialmente tutto il lavoro di ricerca e crescita di un progetto musicale non ha più senso d’esistere. Un buon modo questo, così come altre cose divertenti che accadono intorno a noi, per ribadire come sempre alcuni concetti chiari di chi fa questo lavoro o vive la musica con estrema trasparenza: i progetti non si esauriscono con le release e le playlist del Venerdì sera + non deve fregare un cazzo a nessuno dei numeri + lasciamo crescere i progetti in maniera organica + non comprate playlist per i vostri brani + non fatevi fregare da etichette discografiche o management che forniscono servizi (che non esistono). Insomma noi siamo fatti così, siamo nati stronzi e questo lavoro che andrebbe retribuito un sacco di soldi dalle multinazionali ve lo forniamo gratuitamente. Così tu che stai leggendo puoi mettere sotto contratto questi progetti indipendenti (o con realtà indipendenti) e fare l’offerta giusta, nel momento giusto. Magari in cambio ti chiediamo una condivisione, un grazie, un complimenti, un sticazzi. Ci piace il concetto di bootleg legato all’arte, forse, dopo questo regalo, torneremo a lavorarci sopra perchè potrebbe essere una via d’uscita dai problemi di questo sistema/mondo/mercato, chiamatelo come cazzo vi pare. Mettete le cuffie, buon ascolto.
ps: se cliccate sul nome andate subito su instagram così fate prima 🙂