Le foto scattate sono state realizzate recentemente da alcuni professionisti del settore.
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Ho finito gli esami della sessione estiva l’ultimo martedì di luglio. Ho accettato un ventitré striminzito in Politiche della Popolazione e qualche giorno dopo, giusto il tempo di salutare i compagni di corso, sistemare la mia singola e stipare di vestiti sporchi un borsone, ho preso posto nel vagone otto di un Intercity diretto a Bologna Centrale. Alle stazioni che risalgono lo stivale incrocio lo sguardo con i miei omologhi sul binario opposto. Treni zeppi di studenti cui spetta un’estate di mare, riso patate e cozze e albe sulla spiaggia mentre i miei compagni di carrozza sono per lo più vacanzieri di luglio con lo sguardo grigio di chi lunedì tornerà a lavoro. Sei ore e cinquantaquattro minuti dopo, scollato il mio sedere dalla pelle blu del sedile, mi dirigo verso l’Autostazione dove la corriera 442 mi conduce finalmente a casa.
Sono al primo anno fuoricorso della triennale di Scienze Statistiche all’Università Aldo Moro di Bari ed ogni estate, i primi di Agosto, affronto questo viaggio per tornare a casa. Mentre tutti i fuorisede d’Italia si apprestano a scendere giù, io come un salmone viaggio a ritroso e torno a casa, a San Marino di Bentivoglio. Scendo dall’autobus alle 17.10, c’è un caldo infernale e un concerto di cicale e tortore. Per strada nessuno, e mentre l’autista, ormai solo, prosegue la sua corsa verso Saletto io decido di non passare subito a casa ma di andare prima a Villa Smeraldi. Per strada penso a come ci si debba sentire a guidare una corriera con nessuno a bordo, nessuno alle fermate, nessuno che ti chieda un’indicazione.
La bellezza del parco della Villa è immutata, quanto mi erano mancate le tartarughe del laghetto, i vecchi attrezzi agricoli del Museo della civiltà Contadina, la ghiacciaia, la maestosità dei grandi tassi ai lati del vialetto. Due ragazzi giocano fiaccamente a pallone, una mamma raccoglie le sue cose e urla ai bambini che è ora di andare, si torna in città dopo un tuffo nel verde. Esco dal lato del Pomario, un frutteto che raccoglie un centinaio di varietà antiche di alberi da frutto e mi perdo tra i filari alla ricerca del melo Ruggine che qualche amico mi aveva regalato l’anno della maturità, ma il tempo deve aver lavato l’inchiostro dai cartellini. Una volta a casa ricordo che i miei non saranno di ritorno prima delle 20.00, allora scendo in cantina ed inforco la mia vecchia mountain bike impolverata in direzione nord, scalo il ponte sul Canale Emiliano Romagnolo simulando, come il me bambino, una volata sui Pirenei tra Virenque e Chiappucci con arrivo trionfale al bivio per Bentivoglio. Ovviamente con la maglia a pois sulle spalle. Sulla destra quella che per me rimane la più bella cappella del Bolognese, il Chiesolino delle Barche, dove in una sera di maggio di una quindicina di anni fa ricordo di aver partecipato con mia nonna ad un suggestivo rosario. Le cicale si placano, l’ombra della bici proietta un velocipede di fine ‘800 e nell’aria un forte odore di melassa, qualcuno ha già iniziato ad estirpare le barbabietole.
Scivolo veloce verso Saletto, a destra la Chiesa di San Fosco, sfondo dei miei pomeriggi di bambino a casa del mio migliore amico, seguita da un cimitero sconsacrato fonte di macabre fantasie infantili. Le gomme tassellate passano agili dall’asfalto ad una stradello sterrato incastonato in un bosco di olmi, farnie e frassini. Sono all’Oasi La Rizza, oggi una riserva naturale dove tra aironi, beccaccini ed anatre si pedala nelle ex risaie bentivogliesi e si riescono ancora a sentire i canti delle mondine, chine a trapiantare piantine di riso con l’acqua a mezza gamba. Ed ecco che qualche istante dopo le mondine pedalano con me, col loro cappello di paglia ed il fazzoletto legato in testa mentre rientrano dai campi, immortalate in una scultura in ferro davanti al viale d’ingresso dell’Ospedale di Bentivoglio.
Una chiatta sul Canale Navile mi porta agli inizi del secolo scorso, il Mulino di Ponte Poledrano è ancora in funzione e gli agricoltori guardano il loro frumento diventare farina montando un asino che tira un carro. Poco più in là il Marchese Pizzardi osserva i lavori da una finestra del suo splendido Palazzo Rosso, gioiello in stile liberty dove spicca la sala dello Zodiaco. E sull’altra sponda del fiume i suoi operai proseguono nella ristrutturazione del Castello. Ha acquistato anche quello, il Marchese, la Domus Jocunditatis voluta sul finire del XV secolo da Giovanni II Bentivoglio per farne una tenuta da caccia e teatro del primo incontro tra Lucrezia Borgia e Alfonso D’Este. Torri merlate, grandi stanze affrescate, ponti levatoi…robe che se fossimo in America ci sarebbe il biglietto d’ingresso a 15 dollari e pure il gift shop con le magliette personalizzate.
Chissà quante volte ci sono passato davanti senza nemmeno farci caso, forse l’andare a vivere lontano mi ha fatto apprezzare quanto di bello avessi intorno. O forse ha ragione Pirandello a dire che “vale più una pietruzza in patria che un regno fuorvia”. Questa sera andrò alla Trattoria Le Stelle ed ordinerò delle tagliatelle al ragù, quest’estate non mi muoverò da qui.
Andrea “Orto” Ortolani
Le immagini sono state scattate da Andrea Ortolani durante una di queste giornate estive. Lui suggerisce di guardare anche Bentivoglio e dintorni dove c’è del gran materiale in realtà
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Prendevo il 91 dalla stazione centrale 3/4 volte a settimana. A Calderara avevo la prima fidanzatina o meglio, io pensavo di essere fidanzato, lei frequentava altri ragazzi. Vabbè, avevo l’apparecchio ai denti e odiavo il mio dentista augurandoli sempre le peggio sfighe, poi dopo 10 anni mi hanno detto che è morto dopo una brutta malattia e ci sono rimasto di merda. Con un male allo stomaco, paragonabile solamente a quando tornavo da Calderara in quei pomeriggi invernali.
Alla fermata del bus, c’erano sempre 3/4 ragazzotti piuttosto colorati e con le mutande firmate. Io avevo appena fatto la mia solita performance da soprammobile a casa della mia presunta fidanzata e ogni volta tornare indietro era un pugno allo stomaco. Perchè quei 3/4 ragazzotti mi pigliavano per il culo perchè avevo l’apparecchio e mi vestivo poco colorato, poi la mia ragazza o presunta tale, usciva con il suo ragazzo che non ero io e infine mi toccava passare vicino all’aeroporto e insomma l’aeroporto mi mette una gran ansia. I 3/4 ragazzotti facevano poche fermate, scendevano subito e ascoltavano musica di merda. Roba da truzzi. Non borazzi ma truzzi. Ora molti di loro fanno trap, qualcuno avrà pure fatto i soldi. O almeno lo spero.
Un pomeriggio in particolare, mentre ero a casa della mia presunta ragazza è arrivato il padre, che nella vita fa il militare e poi sono stato cacciato a calci in culo di casa. E lei manco è scesa per salutarmi e nemmeno un messaggio mi ha scritto. Insomma bella merda.
Poi pioveva, io sono andato in una pizzeria a mangiarmi un trancio di pizza e ho aspettato 45 minuti sotto al diluvio questo bus, con un gran mal di pancia. I soliti 3/4 ragazzotti, le mutande colorate, l’apparecchio, aeroplani eccetera eccetera. Insomma una bella merda.
A mia madre dicevo che andavo da un mio amico, mi vergognavo troppo della continua umiliazione che subivo. In pratica di Calderara di Reno per me ha sempre rappresentato un pugno allo stomaco, una gran depressione.
Con il tempo ho tolto l’apparecchio, purtroppo il mio dentista è morto, quella ragazza ha fatto due figli e io un giorno mi sono ribellato ma non mi ricordo come. Ho preso l’aereo e sono stato sempre malissimo però questo non c’entra nulla e quei 3/4 ragazzotti sicuramente fanno trap, ma credo senza successo vabbè.
A ferragosto ho preso il mio Vespino e ho deciso di andare a Calderara di Reno. Così. Perchè tutti me ne hanno parlato bene e io da 12 anni non ci sono mai tornato. I miei ricordi di Calderara si fermavano a una/due vie perchè dovevo sempre nascondermi. Guidando intercetto il 91, lo superò e sento odore di aeroporto. Gran ansia.
Calderara in realtà è un paese estremamente tranquillo e ben tenuto. Ci sono un sacco di manifestazione, spettacoli e parate. Tutte nel rispetto della cittadinanza. Un posto assolutamente da vivere o dove passare una giornata serena, senza pugni nello stomaco. Nella confusione e sorpresa della mia testa sorge pure il Cippo del Triumvirato – a Sacerno, frazione vicina – ovvero dove Marco Antonio, Ottaviano Augusto e Marco Emilio Lepido nel 43 a.C., si incontrarono e diedero vita al Secondo Triumvirato, spartendosi le province sotto il dominio di Roma.
In pratica qui partì il processo di trasformazione di Roma da Repubblica a Impero.
E io che andavo solo in una pizzeria al trancio – ora chiusa – e mi facevo prendere per il culo da 3/4 ragazzotti. Ad ogni modo è cittadina dai grandi valori storici e agricoli. Leggo le storie su internet, quasi ci rimango male quanto per il mio dentista. Respiro aria buona, mangio un boccone in un ristorante di pesce davvero di qualità poi parcheggio la Vespa e torno alla fermata del 91. Accendo una sigaretta post pranzo e qualche giovane ragazzotto con le mutande firmate amante della trap mi viene incontro.
In realtà non sembrano così stronzi anzi, forse ero proprio un babbeo io. Sta passando il 91 è Ferragosto, uno dei ragazzi grida a un altro dall’altra parte della strada di muoversi.
Forse è l’ultimo passaggio della giornata per fare qualche fermata e scendere, comunque spero riesca a farcela quel ragazzino magrino, alto e con l’apparecchio.
Se perde sto bus maledirà il suo dentista, per carità intervengo e dico all’autista di aspettare. In fretta e furia riesce a salire, i suoi amici lo prendono per il culo poi mi ringraziano.
Oggi abbiamo fatto pace con Calderara, spero diventino trapper di successo, io prendo la Vespa e mi preparo a passare dall’aeroporto. Con quello sarà dura fare pace, ma ci lavoreremo.
Nel mentre ci penso un pò.
Le immagini sono rubate da Google, penso che qualcuno di quei 3/4 ragazzotti oggi faccia il trapper ad alto livello sul serio. In realtà ne sono certo.
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Ormai bevo tutti i giorni. Federico, il mio storico assistente, oggi mi ha intimato di lasciare la città. Dopo 4 anni da sindaco e altrettanti da assessore, nemmeno il partito mi vuole più. Vattene adesso, salvati, non potresti reggere tutto questo facendo così – le parole di Federico mi picchiano nel cervello al terzo distillato della serata. Sono anche uscito con qualche ragazza più giovane, molto più giovane. Ma niente, nemmeno lo stimolo sessuale oppure rapporti squallidi. Poi loro si vestono, ridono e vanno via. Io mi fumo tre sigarette, bevo un bicchiere, poi arriva l’attacco di panico, passo 20 minuti di tensione poi libero tutte le tossine e dormo sfinito. Lei, sì lei, ormai non c’è più. Ha deciso tutto all’improvviso durante lo scandalo di qualche tempo fa. Io, non so se ho la forza di fare altro. Poi Federico il giorno dopo mi passa a prendere e mi porta a pranzo a Dozza Imolese, paesino tra Bologna e Imola, un pò Emilia ma anche Romagna. Un pò storico ma sicuramente contemporaneo. Dozza Imolese ha due anime. Il centro, chiamato appunto Dozza e Toscanella, una frazione vicina.
Ci sono gli alpini a Dozza, in uno dei borghi più belli in Italia e noi finiamo subito a bere con loro. Non sono neanche le 11.00, ma questa giornata, nonostante la sveglia presto, mi sta piacendo. Io mi sono rasato, ho fatto crescere la barba e porto gli occhiali da sole. I miei fallimenti sentimentali, politici e lavorativi non possono essere una macchia che mi segue ovunque.
Poi Federico passeggiando apre una porta con un mazzo di chiavi.
Tu resti qui capo – mi dice sconsolato.
Come? – rispondo spaventato.
“Dorota penserà a te, per un pò di tempo è meglio restare fuori dal partito, una tempesta ci sta travolgendo e noi, per quello che hai fatto, dobbiamo preservarti perchè ti vogliamo bene”.
Dorota ha 77 anni, ma lo spirito di una giovane ragazza emancipata di quelle serie tv Americane di bassa lega.
“Sei grasso, hai perso i capelli e non hai la forza di farti da mangiare, ora mettiti questi vestiti che c’è da rendere questo paese ancora più pulito che arrivano gli artisti per la biennale. Forza.”
Ogni due anni, diversi artisti dipingono i muri di Dozza Imolese. Ora ci si divide così, a Dozza i murales, a Toscanella i graffiti e l’arte di strada. Due anime legate dal desiderio di poter fare nuovamente e sempre, qualcosa. Insomma, questi luoghi ti danno una seconda possibilità. È nel loro DNA non giudicarti.
Io passate le 18.00 mi butto al bar, dopo 9 ore di servizio civico mi sembra il minimo. C’è una lettera di Gattei sul giornale in cui chiede scusa e dice che se ne andrà – dicono al bar, leggendo i giornali della città. Gattei sono io. Io non ho mai scritto nessuna cazzo di lettera. C’è una mia foto con pochissimi capelli e senza barba. Sembro una persona in pessima saluta mentale. È vero. Solo che la foto è del momento in cui sono stato eletto sindaco. Potevo guardarmi meglio. Ora non sto peggio. O almeno credo.
Al quarto gin-tonic, mi metto a parlare con quest’artista francese. Non ho un buon inglese ma solitamente mi faccio capire. Concepivo gli artisti come persone un pò fuori di testa da cui comprare opere per arredare casa mia e di conseguenza sembrare fico. In realtà oh, ci sono un mare di sfumature che mi colpiscono. Saranno i cinque gin-tonic – siamo al sesto ora – eppure, nonostante il pacchetto e mezzo quotidiano di sigarette, mi sento proprio bene. Leggero. Qui non vengo giudicato, anche se Dorota non è proprio contenta che arrivo così tardi la sera, ma a lei basta non vedermi a letto dopo le 9.00. Fra la Dozza e Toscanella, ogni due anni, in questi giorni, migliaia di artisti e storie raccontate. La mia fa da contorno, mentre il partito in città sta esplodendo e la mia ex compagna ormai si sposa con qualche avvocato da quattro soldi.
Passano i giorni, la manifestazione finisce. Passano le settimane, poi le stagioni.
In paese ormai mi sono rivelato per quello che sono veramente. I capelli non crescono più e nonostante qualche vizietto, ho ripreso a seguire la politica del paese. Federico ogni tanto mi scrive. Ci sentiamo.
La mia ex compagna si sposa. Federico me lo dice. Con Carlo, quello che pensavo fosse un amico, quasi collega. Dorota esce con un nuovo ragazzo di 81 anni che amministra un condominio a Toscanella. Io forse mi candido a sindaco.
Nel borgo, di notte, anche se fa freddo e più volte ho tentato di farmi male senza successo con il mio stile di vita, ho capito che la soluzione ai problemi non sta nelle cause ma in questa semplice passeggiata al terzo gin-tonic.
Immagini tratte da Google dal sito della fondazionedozza dove vi spiegano bene, la grandezza di questo paese. Se nella vita non passi da qui almeno una volta significa che non c’hai capito un cazzo
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Da queste parti non c’è molto da fare all’apparenza, eppure ci lavora un sacco di gente e ci sono ristoranti niente male e alcune cose belle da vedere. Ma proprio belle belle come Rocca Isolani, l’Oratorio della Natività, il Palazzo Municipale e il castello a San Martino in Soverzano. Ecco, il castello. Il castello è magnifico e ci vanno anche molti turisti di passaggio o che si fermano per lavoro. Qualche giorno fa è arrivato Sir Carter e mi hanno detto, avendo io una laurea e quindi presupponendo che sappia bene le lingue, che dovevo guidarlo.
Ok va bene, ma chi cazzo è Sir Carter? Cioè si chiama Carter? Oppure come si chiama?
Ci troviamo al bar centrale sotto al portico, lui ha 1 autista e 1 guardia del corpo/assistente. Ragazzone alto, molto impostato e con occhiale. Arrivato al bar mi guarda, io ho un cartello con scritto Carter.
“Ciao! I’m Sir Carter uaciuganodu weyou” insomma non c’ho capito un cazzo, ma penso si sia presentato. Rispondo con Italiano a gesti come se fosse un sordo e non un Americano.
“Io sono Walter, Walter Natali e sono, sono io, il tuo uomo, not boyfriend ma uomo, guida, traveller!” in qualche modo mi faccio capire.
Poi al bar, da Tiziano a Maurizio sospettosi, domandano ad alta voce “oh, ma chi lè sto forestiero?”
“Con quelle spalle lì è buono per raccogliere due pesche da me” risponde ridendo, dopo il terzo campari/gin della mattinata il buon Fabione, che ha il campo qua dietro.
“It’s wonderful this location, aiu ganaway, yo so uaciuganadu, ok?” – io guardo i due armadi che sono fuori in macchina, guardo Carter, guardo Fabione. E niente, non c’ho capito un cazzo.
Decido di portare a mangiare tutti da mia zia, che fa le tagliatelle migliori di Minerbio. Prima entro io, poi questi due armadi in abito.
“Sono tornati a prenderci i fassccisti?” esclama impaurita la mia povera zia.
“No Zia, loro sono gli assistenti dell’ospite che il Comune mi ha detto di portare in giro!”
“A Minerbio?”
“Eh oh, voleva farsi un giro a Minerbio”
“A Minerbio? Ma perchè non a Ferrara? Bologna?”
“E io cosa ne so”
Carter entra.
Mia zia lo guarda.
“Tu chi sei?cosa fai?da dove arrivi?”
Carter mi guarda poi accenna:
“I’m from America, my name is Sir, uaciuganasu, asganaway, nice to meet to you”
“Niente Zia è Americano, si annoia, ha una 20ina d’anni e si chiama Carter”
“Sir” mi interrompe Carter.
“Sì, è tipo un Sir di qualcosa”
Tolto l’imbarazzo iniziale mangiamo tagliatelle e polpette, poi due bicchieri di vino, un caffè e mia zia è già ubriaca: Carter che lavoro fanno i tuoi genitori?
“Che Job your mather e father?”
“My mum is a Singer and my father is asuganay uaciuganadu, basketball and music”
“La madre tipo canta, il padre giocava a Basket”
La zia è ubriaca, non capisce.
La zia saluta, poi Carter le lascia 200€.
“Asganaway beatiful, uociuganadu wonderful, evviva yeah” – forse Carter ha frainteso, la zia non capisce, io rendo i 200€ a Carter. Nel pomeriggio decido di prendere due biciclette e portarlo da Fabione e da qualche altro contadino.
Passeggiando sotto i portici, noto che un paio di ragazzine guardano il cellulare e mi fissano.
In realtà fissano Carter.
Oppure i due armadi che restano a 10 metri da noi.
Poi Carter si ferma e osserva la bellezza dei portici, delle strade.
“Uaciuganadu, asganaway eccetera eccetera x 4”
Io non capisco e faccio sì, poi prendiamo le biciclette e andiamo dai contadini con una macchina blu con dentro i due armadi.
“I uaciuganadu asganaway 18, Castle”.
Pare voglia andare al Castello alle 18.00
Ok però le visite oggi sono chiuse.
Vabbè stiamo fuori, giriamo attorno, prendiamola così. Dai contadini Carter annusa tutto, mangia qualunque cosa, assaggia, pensa, pensa e annusa.
“Oh lu què mi sa che è matt” mi dice Fabione.
Felice e sorridente, Carter mi segue e arriviamo al Castello. Fuori ci sono una montagna di persone, telecamere e il traffico è chiuso come nelle migliori notti bianche. Mai vista così tanta gente a Minerbio. Poi parte musica Americana, tipo Beyonce e Jay-Z quella roba lì. A un certo punto Rihanna, Carter sorride “asganaway uocuganadu”
Sì Carter ok.
Però è meglio che ce ne andiamo da qui che i due armadi poi si incazzano con me. Carter mi indica il castello e le persone. Io faccio no con la testa.
Lui indica. Io di nuovo “no, tropp people”.
Lui sbuffa, poi ride.
Poi mi chiama Romizi che è poi il mio datore di lavoro, nonchè capo della proloco bassa Bolognese. “Mi porti il ragazzo nel retro del castello?” – perfetto, glielo lascio così se la vede lui.
A un certo punto il maxi schermo del castello proietta foto di un Carter sudato, un Carter serio, un Carter sorridente, un Carter nella vita quotidiana, insomma un Carter continuo. Io in fondo alla massa alzo il braccio. Mi sbraccio, lui appare, provo a salutarlo. Nel mentre Fabione, poi mia zia vengono intervistati perchè Carter ha passato la giornata con loro, io attendo. Dai è merito mio. Anche io. Anche io, cazzo.
Nel mentre dal palco, Romizi e tutti i sindaci di Bologna e provincia ridono, Carter prende la parola e dice: “asaganaway, uovioganadu, asaganaway castle uociguugandu, thanks Minerbio”.
Segue boato da stadio, gente in lacrime che si abbraccia e bottiglie stappate. Nella nevrosi di massa, Carter esce di scena, nello sfondo una foto dei cantanti Jay-Z e Beyonce, mentre io mi avvicino a Fabione e lui mi guarda, io lo guardo: sono commosso – mi dice – è un bravo ragazzo ed è pure un bell’uomo. Io non capisco.
Mia zia con il fazzolletto in mano e le lacrime agli occhi: gli Americani, di nuovo gli Americani ci hanno liberato ancora da fasscisti. Io non capisco.
Poi i due armadi più tre altre automobili caricano Carter e Carter se ne va.
La via si libera, le persone tornano a casa.
Carter ha salutato e tutti si sono commossi.
Al bar centrale già non ricordano più nulla, io non c’ho capito un cazzo. Poi una ragazzina mi fa: ma tu sei stato con Sir?
Io rispondo: eh? cosa?
Lei lapidaria, incisiva, grezza e schifata: ma lo guardi instagram?
Il sole è caduto, la sera è scesa. Domani tagliatella poi contadini, magari mi viene voglia di una gita al castello, tanto qui i protagonisti sono relativi.
Sir Carter è il figlio di Beyonce e Jay-Z, attualmente ha compiuto 1 anno di vita, in questa storia è già maggiorenne. Le immagini sono tratte da Google, Minerbio è bellissima.
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Mio padre
Veniva a Casalecchio perchè faceva un gran fresco. Veniva così spesso dalla città, che poi si è innamorato della Mamma presso il Lido e niente. Ha comprato casa qui e non ha mai mollato il paese. O meglio, per lui Casalecchio è come la California, perché a distanza di 50 anni, sostiene che qui ci sia un clima migliore. Questa cosa non ho mai capito se fosse vera, eppure la vicinanza con il fiume e l’ampio spazio verde del parco Talon sembra dare ragione alla sua teoria.
Io
Che nel 1993 avevo 20 anni. Che nel 1993 ero un bel cretino. E che nel 1993 vivevo a Casalecchio ma sognavo la California, quella vera, non ho mai fatto parte di quella schiera di borazzi che hanno i macchinoni e si trovano al parcheggione della biblioteca. Io, che nel 1993 con il mio vespino bazzicavo i centri sociali di tutta la provincia. Io, insomma proprio io, che nel 1993 non mi hanno fatto entrare a sentire Silvio Berlusconi, imprenditore di dubbia provenienza, allo shopville granreno, appena costruito. “Posso?” – la guardia mi dice ok, poi Marco Franciosi, che andava a scuola con me, ed era uno di quei borazzi con il macchinone, mi fermò. “Non credo tu sia adatto a questa manifestazione” – Franciosi faceva il bulletto perchè era diventato agente immobiliare del futuro complesso di case che avrebbero costruito lì vicino e si credeva il sindaco, aveva una ragazza che lavorava al bar centrale. Una villetta a due piani e un cane. Franciosi ha 20 anni, ne dimostra 43 e non hai mai fumato una sigaretta. Respinto all’uscio me ne tornai a casa con la vespa. Mio padre a casa era estasiato delle parole di questo Silvio Berlusconi. Io molto scettico, lui profetico “ah secondo me si farà”.
Mio figlio
Abitiamo davanti al parcheggione. I borazzi con il macchinone si sono trasformati nella “ccc – casalecchio che conta” mio figlio ha 18 anni. Figlio del nuovo millennio e per molto tempo desiderava una macchina costosa grande e una motocicletta di un certo tipo. Da me e mia moglie, il mio vespino e un abbonamento del bus. Ogni sera mio figlio Lorenzo, guarda fuori dalla finestra. Osserva i coetanei che vanno in discoteca. Prima era invidioso, poi dopo una rissa con il figlio di Franciosi – quello piccolo e grassotello della seconda moglie – ha smesso di chiedermi auto, moto, barche perchè quella gente gli sta sul cazzo.
Epilogo
Ogni Domenica andiamo a pranzo da mio padre. Abita vicino al Lido da proprio 50 anni. Per lui Casalecchio è paese, metropoli e meta turistica. Attraversata dal fiume Reno e tra le prime colline dell’Appennino, per quanto da me odiata per i suoi sviluppi, dentro questo paese c’è la storia della mia famiglia e quella di una cittadina distrutta dalla guerra e poi ricostruita, perché a Casalecchio siamo purtroppo così, sappiamo sempre rinnovarci. A pranzo ci troviamo, 3 generazioni diverse. 3 storie diverse. 3 modi di vivere questo posto diverso. Io ancora sogno di farci la rivoluzione, mio padre pensa di essere in California mentre mio figlio tifa Virtus Pallacanestro e mi è toccato portarlo all’Unipol Arena diverse volte. Insomma qui a tavola di Domenica, viviamo e confrontiamo 3 vite, poi torniamo a casa e ognuno guarda nella sua direzione. Eppure qui c’è posto per tutti e 3, anche se io non vedo l’ora di fare il ponte e tornare in città con o senza la linea 20, perché alla fine quando torno in serata mi viene da sorridere, salutare mio figlio, richiamare mio padre, mettere giù il telefono e pensare che alla fine qui non è poi così male. Ma non ditelo a nessuno.
Ricorda
CCC = Casalecchio Che Conta = gruppo di borazzi con macchine di grossa cilindrata, vestiti da Agenti Immobiliari, amanti delle bottiglie in discoteca e di musica dal dubbio gusto. Fase che comprende età 16-28 anni, poi passa e si sposano 1/2 volte e prendono un pastore tedesco come animale domestico.
Le immagini sono tratte da google, i borazzi di Casalecchio non sono frutto dell’immaginazione ma per anni hanno dominato il paese, poi sono invecchiati e ora ce ne sono altri, ma io lì ringrazio sempre
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Boris Rossi gioca centrocampista centrale nella squadra di calcio del paese, il Rainbow Granarolo. Ha 34 anni e nella vita di tutti i giorni lavora in una piccola azienda qui vicino come magazziniere. Enea Beltrami invece di anni ne ha 79, e dopo una vita passata alla Granarolo, storica cooperativa ben nota per la produzione di latte, ora è uno dei più agguerriti giocatori di bocce della bassa Bolognese. Enea e Boris fanno coppia fissa nei tornei dei vari paesi da 7 anni, oggi per la grande riapertura del campo dietro al Comune di Granarolo dell’Emilia, arrivano all’ultima sfida del torneo organizzato dal comitato del paese. Le web tv locali intervistano Boris, che ha sempre vissuto qui e che soprattutto ricorda tutte l’estati passate da adolescente al campetto di bocce mangiando gelati con suo nonno.
Un grande giorno per lui ma anche per il più introverso Enea. I due si sono conosciuti proprio qualche estate fa a Granarolo dell’Emilia nel parco di una gelateria. Granarolo d’altronde è così, un pò popolare e verace, un pò borghese e introversa. Coppie giovani, anziani grintosi, lavoratori e persone in cerca della propria intimità. A Granarolo ci sono agriturismi, ristoranti, zanzare, caldo, piscina, librerie, biblioteche e bar. Mezzi di trasporto pubblico comodi e gran rumore per la via principale – San Donato – capace di portarti direttamente a Bologna centro. Storica e in via d’espansione, pulita e produttiva. Le opportunità qui di certo non mancano, il campo da bocce però sì, mancava. A 15 minuti dall’inizio della partita sui social network parte la diretta di quest’inaugurazione/torneo per la sfida finale. Non ci sono vip a presidiare e in sottofondo risuonano canzoni con chitarre distorte, lo-fi, non proprio punk ma più fighetto, borghese come sound. Boris ci mette la faccia, Enea invece resta silente a osservare il taglio del nastro. Finalmente il campo è tornato, per l’estate ci sarà un nuovo punto di ritrovo. Dalla chiesa – 150 metri più in là – suonano le campane, gli spalti sono pieni in ogni ordine di posto. Poco più in là, il nuovo teatro ha offerto un ricco buffet alla cittadinanza. In cielo il fresco di una notte nella parte bassa Bolognese con il silenzio di Via San Donato e il tifo per i beniamini di casa Enea/Boris. Avversaria una coppia di Budrio, paese non troppo lontano ma nemmeno cosi vicino. La mano di Boris non trema, quella di Enea sì. Si va subito sotto e ci vuole un momento di pausa per ritrovare il vecchio leone Enea. Si arriva all’ultimo slot in parità. Nei pensieri di Boris c’e quello di andare a festeggiare con gli amici, mentre in quelli di Enea solo la voglia di far vedere la coppa alla sua nipotina Ottavia che è venuta a trovarla.
Le immagini sono tratte da google, il campo da bocce di Granarolo dell’Emilia era attivo fino a circa 10 anni e ogni sera estiva radunava diverse persone. Sono stati utili per scrivere questa storia il sito vialatteagranarolo e i giri in bici quando sta per piovere nelle zone di Cadriano e Viadagola.
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BOLOGNA, 40100 VEZ.