Che ne sapevo io della vita, io che ero sempre vissuto con tanta cautela? Che non avevo mai vinto né perso, ma avevo lasciato che la vita mi succedesse? Io che avevo avuto le ambizioni di tanti, ma che mi ero ben presto rassegnato a non vederle realizzate? Che avevo evitato il dolore e l’avevo chiamato attitudine alla sopravvivenza?
Julian Barnes è uno scrittore che mi ha salvato la vita. Nel senso che nell’età post-adolescente, quando sei un poco di buono in preda alle fantasie e ai vizi più malsani, capita spesso di lasciarsi andare così tanto da rischiare di toccare il fondo. Spesso ti salvano responsabilità, famiglia, fede, amore. Io purtroppo non sono responsabile, ho una famiglia a cui voglio molto bene ma che non ascolto. mai, non credo e di questo mi pento amaramente e poi l’amore ho imparato a comprenderlo troppo tardi, forse. Il senso di una fine è un libro che quando ho l’occasione voglio citare, un pò perchè lo storytelling personale funziona sempre in questa cloaca digitale, un pò perchè ha portato in me un discreto cambiamento interiore. Dopo quel libro ho imparato a convivere con i miei mostri, spesso usciamo assieme e ci consoliamo a vicenda. E forse no, non è risolutivo come atto ma ti permette di stringere un patto di non belligeranza, in grado di poter sopravvivere senza i grandi mali che la società ti crea nel tuo percorso personale.
Guardate questo video, esattamente questo video va segnalato cercando di farlo cancellare da tutte le piattaforme digitali, proprio come quei personaggi che su youtube ci insegnano a vivere. Lasciate almeno un dislike a sta roba.
Nella confusione totale degli ultimi giorni, sento molto spesso parlare di opportunità, e questa parola sembra davvero l’unica positiva per buona parte delle persone che conosco. Non riusciamo a tirarci su di morale in nessun modo, ma la cosa meno peggiore è sentire la parola opportunità. Opportunità, che io circa 7/8 anni fa quando studiavo all’università sentivo di continuo. “Questa è una buonissima opportunità” – e intanto avrei dovuto stare nello studio di un pubblicitario che al primo colloquio mise i piedi sul tavolo, toccandomi ripetutamente le spalle e facendomi credere di avere la cura a tutti mali del mondo, “prova a cogliere l’opportunità” – qui invece ero in un’agenzia pubblicitaria dove cercavano una figura professionale che non c’entrava nulla con me. Proprio niente, però oh, me l’hanno buttata lì. Io, che non mi sento di certo una persona vincente, avrei pure accettato solo che rovinai tutto dicendo che “ok potrei farlo, ma non voglio di certo finire come voi”. La mia risposta uscii anche peggio di così, soprattutto perchè avevo davanti due persone di sesso femminile e la sottile linea con la misoginia (che non ho ancora capito) credo fu ampiamente superata. Oh, d’altronde sono comunque una persona di merda. In tutto questo mare ripetuto di opportunità, opportunità, opportunità, ho capito che l’idea di tornare ad aggrapparsi alla parole opportunità mi crea una serie di dubbi. A parte che la parola opportunità significa avere “la presenza di una o più circostanze o di condizioni appropriate o favorevoli al concretarsi di un’azione“, il che presuppone uno spirito da parte di chi deve coglierla che non può esistere in questo preciso momento. Inoltre opportunità è una parola terribilmente meritocratica, come se per davvero qualcuno di bravo avesse più possibilità di ottenerla a discapito di altri. La parola opportunità parte da una base di partenza completamente sbagliata e lascia intendere un punto di partenza diverso tra le persone. Poi la parola opportunità mi ricorda troppo gli agenti immobiliari che fanno le ronde fuori dai palazzi e lasciano le mazzette ai portinai per farsi dire i rumors e i movimenti delle scale. Dai, la parola opportunità poi è proprio da persone che sanno cogliere un sacco di vittorie. E poi che palle, devo interfacciarmi con altri professionisti che oltre a dirmi le solite frasi – non c’è budget – pagherò a 7 mesi – adesso, potranno utilizzare la parola opportunità per offrirmi in cambio un cesto per mia nonna (deceduta 6 anni fa) con dentro dei cotechini e un vino rosso fermo scadente?
Sapere che l’unico argomento di discussione positivo negli ultimi giorni sia qualcosa privo di certezze non mi stupisce. Sapere che l’unico argomento di discussione positivo negli ultimi giorni sia qualcosa che potranno raggiungere in pochi, non mi fa nemmeno competere. Sapere di avere scritto competere, in seguito all’unico argomento di discussione positivo negli ultimi giorni invece, mi fa paura.
Esiste al mondo una cosa più ragionevole di una lancetta dei secondi? Ma a insegnarci la malleabilità del tempo basta un piccolissimo dolore, il minimo piacere. Certe emozioni lo accelerano, altre lo rallentano; ogni tanto sembra sparire fino a che in effetti sparisce sul serio e non si presenta mai più.