Per uscire dalla città di Bologna hai la possibilità di percorrere lunghe strade provinciali che partono dalle porte del centro storico e attraversano, prima la periferia dei centri commerciali, poi quella industriale e infine paesi in cui passa la corriera che molto spesso ha una numerazione fatta da tre cifre. Nel raccontare la musica di Ibisco, bisogna pur sempre avere bene in testa queste strade, come filo conduttore di un animo capace sì, di partire dalla provincia Emiliana ma in grado di trasportarti nell’Inghilterra post-industriale. È un nuovo modo di scrivere le canzoni, che prende vita dalle strade di campagna, di notte al buio, con lo stereo a fare da colonna sonora, dove quando non c’è la nebbia, si riescono persino a vedere le stelle. Ma attenti, non è tutto così retorico e dai buoni sentimenti, anzi, non fai in tempo a parcheggiare la macchina per pisciare nei campi che all’orizzonte vedi illuminazioni artificiali, cemento e industrie. Nubi bianche e l’idea di un cielo terso non c’è più. Le immagini sono ben chiare in testa quando si tratta di ascoltare quest’autore, ma restiamo in attesa di trovarlo in universi più selvaggi e disgraziati, scanzonati sì, ma nei pub peggiori della provincia industrializzata, laddove mentre i borghesi stanno riposando, noi siamo a consumare l’ultimo bicchiere.
IL BORAZZO CVLT PREVEDE CHE OGNI ARTISTA SI METTA IN CONSOLLE E FACCIA GIRARE 30 MINUTI DI MUSICA IN PODCAST DA ASCOLTARE QUI SOTTO, ED È SOLAMENTE UNA QUESTIONE DI BUON GUSTO.
Ibisco nasce a Bologna nel 1995 e vive in provincia, dove forse morirà anche. Canta le travagliate dipendenze come scritte sui muri, sogna Manchester, Berlino, Dalla e i Joy Division. I pezzi nascono sottovoce nella noi dei cessi del lavoro dipendente.