Quando durante i pomeriggi estivi di 15/16 anni fa – non è tanto lo so, ma non sono nemmeno così vecchio – organizzavo le partite con i Lego in terrazza da mia nonna, desideravo con tutto me stesso non essere disturbato. Era vietato: annaffiare i fiori, muovere il tendone, stendere o semplicemente cambiare aria in casa. Mia nonna puntualmente faceva queste azioni, anche se con intervalli di ore. Io mi lamentavo e lei ripeteva sempre “come mi muovo faccio qualcosa di sbagliato” quasi affranta e spesso dispiaciuta. Una volta provò con un gesso a farmi il rettangolo da gioco. Ma non ho approvato. Poi mi ha creato una sorta di curva per i tifosi, ma io già all’epoca non apprezzavo il tifo composto e borghese, facevo di quelle invasioni di campo (…)
L’ altro giorno ho visto che in Piazza Verdi hanno messo dei container uno sopra all’altro. E come prima cosa, non ho capito. Poi mi sono documentato, ho letto cosa dovesse succedere all’interno nelle prossime settimane e mi sono guardato intorno. Tutti ci siamo lamentati. Ho ripensato al giorno in cui chiusero il centro storico e insomma, tutti si lamentavano. Penso allo sgombero di alcuni spazi occupati e tutti si lamentavano. Penso a quando c’è stato del casino in Piazza Verdi per dei tornelli in aula studio e tutti, ma proprio tutti, si lamentavano. Penso al vincitore del tortellino migliore e niente, tutti si lamentavano. Lamentarsi è una cosa meravigliosa. Trovo stimolante lamentarsi e più costruttivo rispetto alla frase “ma di cosa ti lamenti se poi non hai qualcosa da costruire” – come se fossimo tutti dei grandi innovatori. E come se il cambiamento passasse veramente dall’innovazione ad ogni costo. Qui da noi funziona così, lamentarsi della squadra di calcio senza seguirla, dello stato delle biblioteche senza andarci e dei parcheggi senza avere la macchina. Quel che si muove spaventa ma in realtà non crea alcun tipo di problema, è solo una visione statica che non può permettersi cambiamento. Se lamentarsi è più importante di cambiare, forse criticarsi potrebbe essere il compromesso migliore per accettare la realtà. Sì lo ammetto, con le curve e il rettangolo del campo disegnato avrei giocato meglio, e va bene dai, i container in Piazza Verdi non sono poi così male e tutto sommato Simone (sempre Verdi) è restato a Bologna, e anche se non seguo la squadra, sono contento così.