La nostra città

03 Febbraio 2020,   By ,   0 Comments

Scrivere un articolo che racconti tutto il movimento contemporaneo musicale Bolognese è un lavoraccio che nessuno può prendersi il diritto di fare. Quando pensi di aver racchiuso tutto, nello spazio di una playlist o di una lista, finisci sempre per dimenticare qualcuno o non tener conto di quello che sta nascendo. Ripercorrere poi la storia appena più recente diventa un massacro a cui è molto difficile andare incontro. In questa città sono nato, cresciuto e poi sono scappato, anche se resta il cuore nevralgico di quasi tutte le attività di questo collettivo. Lungo i portici del centro storico o a ridosso delle periferie più lontane, la musica ha sempre avuto un ruolo centrale, come una sorta di partito politico senza segretario ma con diverse correnti di pensiero.

Nella mia piena adolescenza, e non sono nemmeno gli anni 10 del secondo millennio, lo scambio culturale e la rete di progetti musicali si muoveva insieme e tutti venivano riconosciuti in quella che era definita dalle altre città, una vera e propria scena. Il mio primissimo contatto reale e non per ragioni di festa delle scuole dove suonavano le band dei compagni di classe, è stato con un gruppo figlio del trend del momento, capace di suonare fresco e divertente. I My Awesome Mixtape piacevano a tutti e si muovevano come una grande carovana in grado di conquistare il mondo e forse ce l’avrebbero anche fatta; sicuramente per chi ancora non ha gettato la spugna con questa cazzata della musica, un progetto cult, così come un gruppo nato qualche anno prima (frequentavo le scuole elementari credo ndr) chiamato Settlefish, il tutto coordinato e osservato da Unhip Records, etichetta discografica che ha reso in quel momento, Bologna culla della musica Italiana anche per gli anni a venire. Sulla scia di quell’entusiasmo e nel pieno dell’adolescenza, ricordo che al Giovedì sera al Millenium di via Riva Reno, ogni settimana dovevi arrivare il Venerdì in ritardo a scuola perché sul palco si susseguivano una serie di gruppi. Ho visto suonare in mutande le Altre di B, voler uccidere Obama per natale  con i Valves ed esprimere tutto il mio odio per lei con gli Obagevi. Insomma è un periodo florido, io la chiamo seconda generazione, ancora non so perché e forse loro si incazzeranno. Molti di questi adesso sono gruppi famosi oppure etichette discografiche come Garrincha Dischi, realtà che nasce proprio in questo periodo, hanno creato un modello in grado di elevare la musica dal vivo in tutta Italia. In questo periodo si affacciano sempre di più progetti contaminati da altri generi.

Con il mondo hip hop non posso scomodare la storia. Non me la sento per mancanza di sacralità in ciò che scrivo e soprattutto perché questo vuole essere un viaggio contemporaneo con qualche spunto sul recente passato. Arena051 ha avuto un ruolo fondamentale e deciso nella formazione e conoscenza non solo per i Bolognesi ma era tappa fondamentale per tutti i giovani mc Italiani. Sul palco del sottotetto, ho visto per la prima volta anche diversi rapper passati al mondo discografico pop, vincere talent show e così via. Tante crew Bolognesi ho visto nascere da lì mentre altrettante si muovevano altrove, penso alla Pro Evolution Joint (ancora attiva) capace di annoverare il golden boy della trap Italiana Drefgold e molto altro. Quello che ha sempre insegnato l’hip hop a Bologna è la collaborazione fra realtà aldilà di ogni tipologia di sfumatura musicale, genere o simpatia personale. Ma questo è anche il periodo degli ultimi antimtvday, manifestazione che aveva un fermento di gruppi meravigliosi, in grado di farmi scoprire “enciclopedia popolare della vita quotidiana” dei Distanti (mio disco preferito) e vivere una città che andasse un po’ oltre la birretta del Giovedì sera a sentire qualche gruppetto. Purtroppo non ho vissuto la Bologna dei centri sociali, quella che mi è sempre stata raccontata con grande fascino, perché la città in cui sono cresciuto era in fase di cambiamento e ogni momento storico di passaggio porta sempre delle gravissime lacune, da un punto di vista sociale, ma soprattutto culturale.

Qualcuno dice che la generazione nata tra gli anni 80 e 90, sia stata svuotata dai cambiamenti tecnologici portando a forme di mancanza identitaria, così da sembrare tutti sconnessi da quello che ci circonda anche per semplice inconscio. Chi invece si è sempre mossa alla velocità della luce reinventandosi numerose volte, senza farsi grossi patemi è il sottosuolo underground della musica elettronica. Da progetti elettronici conclamati e di successo come Godblesscomputers a manifestazioni come Bologna Elettrica, passando per spazi che hanno dato sempre una grande offerta, vedi Atelier Sì, TPO, Laboratorio Crash, Link. Il movimento, nonostante i successi e le sue crisi, non è mai stato fermo, perché l’idea di una città come Berlino è sempre restata in testa anche se ci siamo imborghesiti tutti. Quello che succede ora è comprensibile. Ci sono i nuovi progetti che sono figli della città pur non essendo nativi, che alle volte seguono i trend che arrivano da altre parti e in alcuni casi impongono il proprio linguaggio. Locomotiv Club, Covo Club, Mikasa, Freakout e molti altri spazi, ogni settimana, spesso ogni giorno propongono artisti e idee; i festival lottano e vivono insieme a noi, qualcuno del recente passato ha scelto altri luoghi e questa città resta sempre un porto dove poter costruire un futuro. L’eterna lotta tra cultura di seria a e cultura di serie b prosegue, perché il dibattito tra riformisti e radicali del sistema musicale non troverà mai una sintesi, ma resta sempre un tacito accordo di non belligeranza e forse questo, nonostante tutto, rende ancora questo posto un po’ diverso da tutti gli altri per chi ha avuto la fortuna di nascerci o crescerci, per chi lo guarda da lontano invece, resta ancora inseguito e ambito. Questo posto, questa città, chiamata Bologna, non sarà certo il futuro di tutti, ma per qualcuno sì e questo basta per prendersene cura e farlo suonare ancora.

Qui c’è una Playlist di quasi 100 canzoni per i 10 anni raccontati sopra. È aperta, puoi condividerla, ascoltarla o aggiungerci qualcosa di pertinente.


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