Bisogna cercare di fare un pò di più

L’industria discografica ha lanciato ieri il movimento #blackouttuesday e tutte le nostre filter bubble social sono state invase da immagini nere; qualcuno ha sbagliato hashatag, ma questo non è troppo importante. È stato molto interessante vedere un certo tipo di comunità mettersi in gioco verso una tematica delicata che seppur riferita a un paese lontano da nostro, resta insita nella maggior parte della società. Finito il rumore delle foto totalmente nere però mi sono chiesto perchè in Italia, il sistema musicale non parli di politica o come ho sentito dire in quest’intervista, gli artisti sono spesso “disinteressati”. Tralasciando endorsment di partito o di politici, pratica che in Italia, porta pure una discreta sfiga, mi sono domandato perchè spesso e volentieri quelli che sono gli artisti preferiti da una buona parte di persone, non si espongono mai su una serie di battaglie per cui, ci sarebbe bisogno anche e soprattutto del loro megafono. Michael Jordan circa 30 anni fa sosteneva che “anche i Repubblicani comprassero le scarpe“, come a voler sottolineare che in realtà le logiche di mercato alla fine vincono su tutto. Aldilà della battuta o meno del noto giocatore di pallacanestro, non è difficile pensare che quello che si nasconde nella mancanza di esposizione politica sia anche un problema legato all’esercito di seguaci trasversali che seguono la carriera di un progetto musicale/commerciale. Recentemente, i fan di Vasco Rossi, hanno iniziato a redarguire Vasco Rossi in seguito a un post molto lineare e chiaro di Vasco Rossi. In realtà, da questo si può dedurre che non è facile dialogare di certe tematiche con il proprio pubblico anche se, la musica deve avere anche una dimensione identificativa che purtroppo negli ultimi tempi è venuta un pò a mancare. Con questo non bisogna pensare che un musicista x deve essere ascoltato solo da chi la pensa come lui, ma il musicista x ha la possibilità di abbracciare alcune tematiche che riguardano un’intera comunità e non solo la propria cerchia ristretta di amici. Di certo è chiaro, diventa difficile pensare di creare una massa critica se prima di tutto, non hai gli strumenti per esporti in prima persona o addirittura “non sei interessato”.

Bisognerebbe cercare di fare un pò di più forse, farsi trovare pronti quando c’è da argomentare una posizione critica su alcuni temi e non lasciare che tutto succeda mentre noi ascoltiamo delle canzoni o andiamo a un concerto. La musica non è politica, ribadiamolo, ma si muove in una società, dove sicuramente certe personalità hanno la possibilità di poterla migliorare. Anche e soprattutto in una zona della società in cui l’interscambio e il dibattito sono il sale per decretare il successo o meno di un progetto, dove il chiacchierare (troppo spesso di puttanate) è indicatore di sviluppo e funzionalità di una canzone. Essere divisivi forse è l’unico modo per potersi creare una propria identità, poi ci sono canzoni, marketing, dischi fisici e concerti, ma quando c’è da cambiare qualcosa in una società, sarebbe importante ridare qualcosa a essa, non solo con le proprie canzoni ma anche e soprattutto con la propria persona.

 


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