In realtà delle canzoni non ci frega più un cazzo. Parte il pezzo, aspetti 35 secondi, poi parte il ritornello e magari iniziamo a cantare. Poi lo rifacciamo quelle 5/6 volte e niente, brano terminato, avanti il prossimo. La nuova ondata di musica Italiana, nonostante faccia bene alla maggior parte delle persone, si sta rivelando un grande bluff poichè la rincorsa al pop, genere spesso mostri privi di autenticità. Però volevo capirci qualcosa, allora ho scritto a Calabi – che ultimamente ha rilasciato delle canzoni che mi sono piaciute, che ho ascoltato, che ho cantato, che ho condiviso con amici e che, per adesso, non ho ancora cestinato e dimenticato. Non è sicuramente la mia opinione quella che conta per influenzare o meno il mercato musicale e considerando le previsioni di successo che puntualmente sbaglio, non sono un tester da prendere in considerazione come affidabile. Dovevo capirci qualcosa di più, volevo farlo e infine l’ho fatto. Anche se giuro, non scriverò mai più di musica (frase che ripeto puntualmente da circa 8 anni).
Da Plastic Made Sofa a Calabi, perchè?
Perché no? È stato come rinascere, scrivere in italiano mi permette di esprimermi veramente per quello che sono le canzoni parlano di me. Certo il rock mi manca ma sono entusiasta del nuovo percorso artistico e poi nella vita bisogna rinnovarsi altrimenti si annoia e ci si annoia. È stato tutto molto naturale comunque, nessuna forzatura, semplicemente un giorno ho preso in mano la chitarra e mi è venuto da cantare in italiano. È passato solo un anno. E da lì non mi sono più fermato.
Non fraintendermi, a me piace moltissimo la musica e sono stato uno dei primi – credo – ad esaltarsi con le tue canzoni e penso che sia un prodotto veramente di qualità, però è naturale che in molte persone possano pensare: beh, fino all’altro giorno aveva un progetto in lingue inglese e ora canta in Italiano. Come per te, anche per molti altri, come spieghi questo passaggio?
È un passaggio di maturità. E non parlo di maturità artistica ma umana. Sento di avere qualcosa di bello da esprimere e voglio mettermi a nudo e questo posso farlo autenticamente soltanto usando la mia lingua.
Trovi che per tutti sia una questione di maturità? Mi spiego meglio, delle volte sembra perdersi un pochetto di autenticità in questo passaggio.
Ciascuno ti darà il proprio punto di vista, non mi sento di rappresentare una categoria. Posso dirti che quando riascolto le mie canzoni e rileggo i testi mi emoziono. A volte piango. Queste canzoni parlano di me e di quello che ho vissuto negli ultimi anni. E sono stati anni emotivamente molto intensi. Cosa c’è di più autentico che parlare di sé stessi?
Come artista invece come vivi questo momento? Playlist, follower su instagram e possiamo dirlo, diversi riflettori che si accendono e spengono più facilmente.
Riguardo alla dimensione social, non sono mai stato particolarmente a mio agio in questa dimensione, sono perfettamente consapevole del fatto che i numeri sono spesso drogati e che le mode passano facilmente, per questo cerco di scrivere canzoni e testi che penso possano durare e non invecchiare tra un anno. Insomma, il mio percorso è appena iniziato. Per ora sono solo nell’etere ma tra poco ritroverò la dimensione dei live, non vedo l’ora di farlo.
Parlando di musica invece, cosa ha influenzato Calabi?
Penso sia un passaggio fondamentale, due filoni di ascolti: la musica Italiana d’autore degli anni 50/60/70 e la musica cosiddetta itpop degli ultimi anni. La prima mi ha dato ispirazione soprattutto per il songwriting. Tieni conto che io sono uno di quelli che ancora scrive in camera sua con la chitarra o il piano. Gli ascolti itpop mi hanno ispirato molto sul tipo di produzione, e sulle possibilità di dare una forma moderna ad un testo d’amore.
A me piace sempre chiedere agli artisti se c’è qualcos’altro che possa averli influenzati. Film? Libri? Dai, un qualche scrittore ci sarà sicuro.
Esperienze mie umane tantissimo, la fine di un amore e l’inizio tormentato di un altra storia. Leggo molto e mi aiuta a trovare fluidità nella scrittura, ma non ricerco ispirazione per i testi che invece nascono sempre in maniera molto istintiva, certe volte mi pare quasi di vomitarli come se fossero già lì.
Calabi a Sanremo?!
Perché no? suonare con un orchestra è uno dei miei sogni sarebbe bello provare a mettere quel tipo di vestito alle mie canzoni. Abituato ai synth il calore dell’orchestra potrebbe avvicinarle a come le ho scritte.
Quindi possiamo dire che Calabi vuole avere un respiro popolare come progetto?
Calabi ha l’ambizione di emozionare. Scrivo canzoni melodiche, non amo la musica strana o alternativa a tutti i costi. Mi emoziono con le canzoni di Venditti. Se per respiro popolare intendi Sanremo, penso che alcuni miei brani potrebbero starci bene in quel contenitore e io come artista non avrei forme di snobismo a riguardo, anzi. Detto questo, la mia non è una scrittura finalizzata. Scrivo quello che sento e lo faccio nella maniera più naturale possibile e senza filtri o pre concetti, senza pensare a dove voglio arrivare…
Se per popolare intendi POP, assolutamente si.
E oltre Calabi c’è anche Andrea Rota. Chi è Andrea Rota?
Andrea è un ragazzo di 32 anni laureato e dottorato in fisica teorica, che da quando era piccolo coltiva la passione per la musica, lavoro con i bambini, meravigliosi. Scrivo libri di didattica della matematica, percorsi innovativi e sperimentali, cerco di trasmettere la bellezza e l’eleganza della matematica.
Sacrificheresti Andrea per Calabi?
Questa è una domanda bellissima. Penso la più bella che mi sia mai stata rivolta in intervista. Penso che Calabi senza Andrea si svuoterebbe, ho sempre avuto bisogno di un contrappeso alla mia vita artistica per restare faticosamente in equilibrio. Senza il contrappeso della vita reale, penso che andrei alla deriva. Ho sempre avuto bisogno di stimoli altri rispetto alla musica e non ho mai desiderato di occuparmi soltanto di questo. Certo a volte tenere insieme tutto mi costa una gran fatica ma non vorrei rinunciare a niente di quel che faccio in questo momento.
Questo ti fa onore, non so in quanti avrebbero risposto sinceramente così. Io per concludere chiedo sempre una domanda molto stupida: vuoi anche tu fare la rivoluzione oppure no?
Mi sono impigrito negli ultimi anni da questo punto di vista, non vado a una manifestazione da una vita. Questa dimensione di modernità social ci rende tutti un po’ più egoisti e un po’ più soli non ci si appassiona più per cause comuni e si coltiva il nostro orticello. Non ci sentiamo rappresentati e non vogliamo rappresentare nessuno se non noi stessi. L’unica rivoluzione è quella digitale e la subiamo. L’unico modo che ho per combatterla é la forza di un pensiero irrazionale, per stare a galla in questo magma virtuale.
Ti fa paura la rivoluzione digitale? ti mette un pò di ansia?
Ci ho scritto un testo. La risposta è: sì moltissimo. Passata la rivoluzione digitale, stai certo che nessuno ci verrà a salvare. Non sono io, e non sei tu.
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