Mancano dieci minuti, tranquilli. Però sono ancora sul letto e ho dormito poco, come al solito. Dieci minuti per essere dall’altra parte della città, dieci minuti per poi pentirsi di questi dieci minuti perchè se ti fossi alzato prima dal letto saresti arrivato puntuale. Ma no va bene così. Ancora dieci minuti. Lo dicevi alle scuole quando arrivavi in ritardo, lo dici adesso quando hai una riunione importantissima e non puoi usare nessuna applicazione digitale perchè il telefono è scarico. Però non ti fai molti problemi. Ti alzi a quaranta secondi dalla riunione prefissata, fai colazione, vai in bagno e accendi la doccia. Ora sei ufficialmente in ritardo, ma tanto in ritardo sarà anche il collega x o il collega y. Con onesti quindici minuti di ritardo base, scendi le scale, annuncia che c’è traffico e sei a posto, tanto alla riunione devi stare zitto, prendere appunti su un quaderno pieno di scritte che non riguardano il lavoro e quindi va bene così. Con onestissimi trentacinque minuti di ritardo arriva in azienda. Saluti la segreteria, la vigilanza, l’amico che fa qualche lavoretto in nero e un paio di colleghi che vivono in pausa caffè. Arriva al tuo piano, cammini testa bassa ma veloce (così sembra che tu ci tenga particolarmente) e apri la porta. Nella sala riunioni si parla di argomenti vari: cosa hai fatto durante il weekend / il ristorante che ti è piaciuto nella provincia di Verona / dove hai comprato quel vestito / quanto è bello il nuovo programma del presentatore x o y. Insomma, ritardo ok, nessuno parla di niente. Ti siedi, nessuno si accorge di nulla “buongiorno, salve, ciao a tutti” generico e via. Passano altri 20 minuti, arrivano altri ritardatari che specificano “c’è traffico” e dopo circa settanta minuti si inizia. Partono delle slide, qualche commento brillante, altri noiosi, risate, computer che si blocca, powerpoint che non si caricano e “pausetta?” quindi tutti fuori sigaretta, niente da dirsi e poi di nuovo dentro. Chiacchiere sul tema, io non segno nulla, dibattito sul tema totalmente inutile, io non segno nulla, discorsi motivazionali, per fortuna io non segno nulla, “pausetta?”, risposta celere “no dai aspettiamo la pausa pranzo”. E ancora video, powerpoint, chiacchiere, ristoranti in provincia di Verona, piani strategici e nulla di fatto. Ah, se non fosse chiaro, io non ho segnato nulla, ho fame e anche sonno perché come al solito ho dormito meno di quello che avrei dovuto. Si va in pausa pranzo, saluti a tutti con generico “grazie a tutti, buon pranzo” e via. Scappare. Scappare da pranzi portati da casa in ambienti umidi con forno a microonde che esplode di unto e sapori di vario genere. Scappare da tavoli in legni con il segno di unto e forchette di plastica. Scappare da conversazioni su quali ristoranti meritano nella provincia di Verona e analisi sul programma televisivo del presentatore più mediocre della storia della televisione Italiana. Io passo. Vado.
Mi piace mangiare in due posti qui a pochi passi dal centro; il primo è un ragazzo che non ha nemmeno 30 anni e ha ereditato questo chiosco dove fa dei panini meravigliosi. Sono grassi però con meno di 10 euro hai pure contorno e bicchiere di vino che a me non dispiace. Solo che mangi nelle sedie di plastiche e di fianco c’è un parco dove la notte succedono una marea di cose e i residenti si lamentano, vabbè le solite cose per tutelare i bambini insomma. L’altro posto invece è la mensa aziendale però non di nostra proprietà. Ho fatto amicizia con la sicurezza nel corso del tempo ed entro senza problemi. Menù fisso, cibo livello piuttosto mediocre però insalata corposa con una birra abbastanza economica. Poi mangi all’aperto o comunque in spazi ok. Oggi sono andato qui. Finisco il pranzo e ritorno in ufficio. Ho una scrivania disordinata dove al mio fianco c’è una stampante. Il mio lavoro consiste nel prendere appunti, fare dei riassunti e quando qualcuno ha bisogno stampare dei piani strategici aziendali che non leggerà nessuno. Mando qualche mail, sono in copia ad altri. Tutto scorre abbastanza tranquillo. Ogni giorno è uguale: mattinata di riunioni come sopra quindi inutili solo perchè capire quali cazzo di ristoranti non sono male nella provincia di Verona e il pomeriggio completa inutilità. O meglio, per molti è come operare a cuore aperto e girano, corrono, urlano, si indignano. Molti ci tengono lo vedo nei loro occhi. Sono attaccati a tutto questo con le unghie e con i denti. Lo stipendio è ok, ma non stiamo facendo i soldi. Lo stipendio è ok, ma non stiamo contribuendo alla rivoluzione. Qualcuno si è comprato il Porsche in leasing spacciandosi per milionario. Qualcuno si è comprato un ristorante fallimentare spacciandosi per imprenditore. Qualcuno ha la ragazza molto giovane spacciandosi per giovane. Ma in realtà facciamo consulenza finanziaria e durante le riunioni parliamo dei ristoranti in provincia di Verona.
Sono finito qui perchè mi piaceva l’idea di avere uno stipendio fisso al mese e non pensare troppo a quanto facessero cacare le mie passioni e soprattutto quanto la mia vita privata, fosse solamente un vezzo da giovane che non ha vissuto gli anni 70. Quindi ho detto ok, faccio questo e non penso. E quindi ho scelto delle giornate abbastanza simili tra loro, che trovano una profonda gioia nella pausa pranzo e nella notte prima di dormire con qualche vino di alta qualità che posso permettermi perchè “ei, lavoro in finanza ho qualche soldo”. Pago l’affitto in tempo, non cerco casa da acquistare, mamma e papà tutto ok, fidanzate nemmeno l’ombra, amici per me ancora troppo debosciati e divertimento pari allo zero se non altro perchè odio Verona e la sua provincia quindi, tutti sti cazzo di ristoranti che ho segnato non me ne faccio assolutamente nulla. I pub mi fanno orrore perchè puzzano del microonde che abbiamo in ufficia e le birre artigianali mi portano al cesso dopo venti minuti; le discoteche dove bisogna andare vestiti bene le odio perchè tanto non mi fanno entrare. I ristoranti? Quelli ok ma con chi ci vado? I miei amici sono ancora nella fase Erasmus e quindi devono bere i cocktail a 3.50€ con il gin del discount e le ragazze appena mi vedono preferiscono i miei superiori perchè hanno una macchina in leasing che non possono permettersi. Insomma, vivo un po’ nel limbo di compiere 30 anni (che non sono tanti, ma nemmeno pochi) aver studiato quello che c’è da studiare, aver ammazzato ogni tipologia di sogno della mia vita o ambizione e avere freddo, ma così tanto freddo che tanto chi vuoi che mi possa cacare per cambiare le cose in questo mondo dove si parla dei ristoranti in provincia di Verona. Che poi parliamoci chiaro, non ho niente contro Verona e la sua provincia, ma qui vanno tutti lì nel weekend, io ci sono stato allo stadio durante i fine settimana al liceo, nel senso che guardavo dello sport e poi mangiavo quello che c’era. Però ok. Contento che piaccia. Lo stadio non mi è mai piaciuto però ok. Le mie giornate sono così. Si ripetono e fluidificano verso lo scorrere del tempo. Ogni giorno è più snello. Arrivi, ascolti, mail, fotocopia, leggi e aspetti che sia finita. E così via. Qualche passatempo, due battute coi colleghi che non puoi vedere nemmeno per sbaglio e basta. Fine. Poi arriva il momento delle feste aziendali, due volte l’anno. Solo due per fortuna.
Cene aziendali. Vestiti bene, pulisciti perbene, renditi presentabile. Stasera c’è la festa di fine lavori quindi hai il dovere morale di divertirti. Nel corso degli anni durante le feste aziendali ho passato una montagna di tempo a socializzare con il personale della location piuttosto che affrontare tematiche lavorative o extralavorative con colleghi e collaboratori. La fortuna delle feste aziendali è che c’è open bar. La sfortuna delle feste aziendali è che si mangia molto male perchè bevi troppo, fumi di più e alla fine ti ritrovi a bere del cibo, mangiare delle sigarette e fumare dell’alcool. Arrivati alle cene aziendali o feste o chiamatele come vi pare, le prime persone che trovi sono anche quelle che non vorresti vedere mai più nella vita, quelle con cui non ha niente da dire sul lavoro figurati fuori dal lavoro. E niente. Arrivi e ci sono loro, quindi tenti un discorso anche se loro vogliono nascondersi perchè alla fine queste considerazioni sono reciproche.
Oh meno male che c’è Emilio penso, perchè Emilio lavora con me ed è almeno una persona gradevole. Non proprio l’amico che vorrei tutti i giorni della mia vita però almeno ci si può parlare di cazzate. Emilio però in queste serate è programmato per fare sesso. Nel senso che attende questo giorno per tutto l’arco di un anno, quindi tendenzialmente non parte subito in quarta bevendo alcolici e cerca di fare fondo con il cibo. D’altronde i veri professionisti iniziano subito mangiando come degli avvoltoi per tenersi lucidi nei momenti decisivi. Mangia Emilio, mangia con quei 3/4 soggetti che sul lavoro ma soprattutto anche fuori, non vorresti nemmeno incrociare per strada. Soggetti che hanno personalità fino a quando c’è da vestirsi sul lavoro e mettersi del dopobarba, però poi durante le riunioni non commentano. Fuori dalle riunioni non parlano. Al ristorante fanno battute che semplicemente no, non fanno ridere. Emilio è con la squadra di calcio di avvoltoi. Molti di loro hanno famiglie e fidanzate però oggi essendo una roba aziendale, non c’è nessun invitato extra quindi possono sognare di fare il “colpaccio” come dicono loro.
Io invece inizio a bere subito a stomaco vuoto, perchè così passa prima, perchè almeno riesco a socializzare, perchè tutto sommato fare amicizia con il personale in caso di qualunque cosa (incendi, risse, terremoti, uragani, un auto che entra spaccando tutto, qualche attentatore) può essere utile. Tutti invece vanno a salutare i loro superiori, fanno qualche battuta per rendersi simpatici, poi salutano altri superiori di altri reparti e così via. Fino a quando il superiore di un superiore non si saluta e tutto sommato la gerarchia si mantiene quindi va benissimo. Di solito la mattina arrivo in ritardo, di solito uscito dal lavoro faccio cacare, di solito a metà pomeriggio vengo redarguito perchè ieri sera ero in un posto dove non potevo essere. Di solito un sacco di considerazioni fanno. Io continuo a fare quello che mi pare. Però sì, le persone sono per tutto l’arco di tempo al lavoro e fuori delle persone serissime, rigide, devoti alla causa con una serietà pazzesca. Alle cene aziendali o feste insomma, però, si distruggono e arrivano fantasmi, vermi e zombie. Sembra carnevale ma in realtà è un banalissimo open bar di livello medio (mai alto). Trovare certe persone che lavorano con me nella mensa aziendale (che odio) o a mangiare qualcosa di preparato a casa alla scrivania (che odio per via degli odori che non sono legali secondo me) e poi vederle qui in versione carnevale travestiti da zombie mi fa un po’ strano. Però io non giudico, faccio sempre cacare quindi è giusto non soffermarsi troppo altrimenti poi dicono che sei poco simpatico (cosa vera). A un certo punto nelle cene aziendali qualche superiore prendere il microfono e fa un discorso che non ha senso. Non ha senso perchè predica tutto ciò che lui sul lavoro non fa + è molto ubriaco + manca spesso di linguaggio corretto in Italiano quando parla. Però seguono applausi, molto Fantozziani però applausi.
Emilio e la squadra di calcio sono pronti, per tutta la cena si sono fiondati sulle ragazze che lavorano nel settore C della nostra società. Ragazze carine, serie, di un certo tipo. L’attacco è partito da tempo però, grazie a un giro di like e commenti/reazioni nel social network più popolare del momento. L’attacco parte sempre dal digitale perchè poi di persona non c’è mai un cazzo da dirsi mi sa. Sono oggettivamente bei ragazzi e sono oggettivamente belle ragazze, sembra tutto così naturale e lecito se non fosse per i vari capi reparto che nonostante le condizioni pessime in cui si ritrovano devono essere al centro dell’attenzione. Quindi si sta lì, si chiacchiere, si ride, si scherza, ma non si può dimenticare chi ha permesso tutto ciò. Quindi nonostante il desiderio sessuale, l’alcool, le sigarette, qualche staffetta nel bagno più vicino in maniera compulsiva e del cibo mangiato a raffica dopo 20 minuti, il focus deve rimanere rendere grazia al tuo superiore. Un colpo qua, una botta là, un bicchiere qui, una sigarettina ma stare sempre lì. Però gli avvoltoi pressano, dalle sudate della cena si passa al danceflooer, si passa a dire frasi all’orecchio da vergogna all’altro sesso. A sorridere, scherzare, fumare, bere, bere, bagno, scherzare, frasi volgare, sudare, rendere grazia al capo e così via. Per ore, in maniera estenuante. Io invece sto vicino al dj che di solito è uno che lavora in azienda ma non conosco. Di solito è uno non troppo simpatico. Ci guardiamo, faccio cenno con il bicchiere. “Cazzo vuoi” mi dice. “Cazzo vuoi te” rispondo.
Fanculo, fanculo. Torno al bar dove ormai sono il re perchè sono gentile, premuroso, curioso e mi vedono spesso. Mi trovo molto bene, mi sciolgo saluto qualcuno, accenno dei sorrisi che sono a metà tra l’imbarazzo di un possibile assassinio e la felicità di aver perso una persona molto cara però c’è qualcosa in eredità. Sembro divertito, in realtà vorrei picchiare il dj, sperare in qualcuno che si faccia esplodere e poi andare a dire due o tre cose al capo giusto per fare della polemica fine a se stessa. Poi arriva Emilio, Emilio non si regge in piedi. Emilio suda troppo però sta raggiungendo il suo obbiettivo. Riporto Emilio sulla terra: tua moglie? Mi manda a cacare, non ha pensato a cosa come dove perchè praticare adulterio. Poi si ferma. Comunque è tornato sulla terra. Il suo fermarsi però purtroppo lo pagherà ad alto prezzo perchè qualche altro compagno di squadra, della sua squadra, sta arrivando a obbiettivo prima di lui. Emilio è tagliato fuori. Ma molti altri vengono tagliati fuori. Lo si vede, sono stanchi. Sulle gambe, non c’è più nulla che possa rialzarli. È molto tardi, le condizioni sono molto precarie, io ho sempre molta lucidità anche perchè in questi momenti firmo il mio rinnovo contrattuale ogni anno. Sì, perché finisco sempre tra gli ultimi e tra gli ultimi ci sono sempre i vertici. E i vertici mi vedono ogni anno sempre tra gli ultimi e i vertici sono in situazioni dove non dovrebbero essere. Quindi guardo, sorrido un po’ più rilassato e mi diverto. La pista da balla invece è un campo di morti, quello che si è fatto ormai è andato, chi rimane è disperato. Si cerca qualcosa/qualcuno come se fossimo nelle peggiori discoteche under 16 a cavallo tra il vecchio e nuovo millennio. Solo zombie e morte. Testosterone altissimo, odori che non voglio ricordare altrimenti sto male e ogni forma di sudditanza verso i tuoi superiori è finita.
Io faccio chiusura, Teresa da tutta la sera mi ha promesso un passaggio in macchina. In macchina, in stato drammatico, siamo in 6 con 5 posti. Io abito vicino alla location. Ovviamente si porta a casa prima il superiore che sta davanti anche se è alto 165 cm, poi le due ragazze stremate che mi dormono addosso e infine rimaniamo io, Teresa e questo gigante spappolato che in macchina ha voluto farsi un sacco di foto con ste due ragazze che dormivano e me che non ridevo mai poi si è pure incazzato, ma cazzi suoi. In tre in quella macchina c’è un po’ di imbarazzo, non capisco bene la situazione però so che il prossimo sono io. “Ti lascio qui va bene” – mi lascia a 30 minuti a piedi da casa mia. Io sta cosa che ti lasciano a una fermata di un mezzo pubblico o a un taxi, dopo essere passato a 10 metri da casa tua non la capisco. “Ah va bene” – non fai in tempo a dire/spiegare/argomentare che sei già fuori dalla macchina. Scaricato, devi anche ringraziare. Ti sei fatto tutta la città, sei passato a 10 metri da casa e niente, vai scaricato e ringrazia. Cammino lungo la strada, ormai sta diventando giorno. Il cellulare è quasi scarico, tutto sporco che fa cacare.
Arriva una mail. È un ringraziamento per la bella serata da parte del capo reparto. Apri un social popolare, ci sono tag, menzioni, immagini. La mail del capo reparto è scritta in una lingua diversa da quelle conosciute.
“Ho dimenticato il regalo aziendale” penso guardando un popolare social all’alba sotto casa fumando la penultima sigarette della mia eterna giornata. Il regalo aziendale è una candela. Una candela. Di quelle biologiche odori cose. Una candela. Vado a letto, se penso alla placca in acciaio dello scorso anno sto male.