La Domenica è notoriamente un giorno difficile. Si chiude ma allo stesso tempo si apre la settimana. La Domenica solitamente succedono una serie di cose in ordine sparso: ti svegli tardi, pranzi con i parenti, guardi le partite di calcio alla televisione, resti fermo ad osservare i social network in modo passivo attendendo semplicemente che quest’agonia termini. Insomma, la Domenica è una giornata notoriamente di merda.
Lungo le strade, sotto i portici della città, quando piove oppure c’è il sole, nei binari delle stazioni e in qualche aeroporto, ma quante storie di non luoghi partono proprio la Domenica?
Io ad esempio mi ritrovo sempre dentro l’autostazione nella mia città. Ci siamo sempre io, la signora Franca, Philipp e qualche altra persona che varia a seconda delle settimane. Noi prendiamo il pullman ma ci piace ancora chiamarla corriera. Franca ad esempio aspetta il Flixbus delle 20.41 verso il Nord Italia, io prendo la corsa dopo, la tratta 520; lei deve lavorare da Lunedì a Giovedì, tutto il pomeriggio, prima di tornare qui e restare il fine settimana con la sua famiglia. Il lavoro le piace, non è proprio convinta – come capita alla maggior parte delle persone – però riesce a veder il bello di questi viaggi proprio perché lungo il tempo percorso e i chilometri sulla strada, capisce meglio ciò che lascia ogni fine settimana e metabolizza il significato del tempo insieme alle persone a lei care. In fondo il tempo di un viaggio non è importante, quello che conta sono comodità e serenità per un ambiente che si faccia sempre trovare pronto ad ogni esigenza. Philipp la vede così, lavora solo nei fine settimana quindi per lui il percorso si riempie di nuove energie, tra poco vedrà suo fratello e potrà mangiare finalmente la pasta al forno di sua Nonna. Di Franca e Philipp però è pieno anche il mio di momento, quello che mi separa dalla Domenica – ripetiamolo, giorno notoriamente orrendo – e mi concentra per le battaglie in ufficio, a metà fra un lavoro di pensiero e lo stress fisico di che non è abituato a stare seduto per più di 6 ore al giorno. Mentre salgo con un check-in digitale semplice, veloce e senza bisogno di carta inutile dato che viene fatto direttamente dal mio cellulare, c’è sempre la partita, qualcuno si collega perfettamente al wi-fi della compagnia mentre altri commentano sui social network notizie che non sempre riesco a cogliere. In sottofondo, l’autista, che generalmente è sempre lo stesso per questa tratta, fa suonare una radio con un gusto giovane ma l’occhio classico. Passano canzoni piacevoli, intanto la squadra di casa ha segnato e qualcuno si sta arrabbiando. Io passo il tempo al cellulare, rileggo qualche intervista e faccio un breve bilancio del mio fine settimana. Ho salutato questa persona, sono stato con quest’altra persona e ho passato dei momenti importanti, capaci di darmi la forza necessaria per affrontare le giornate che verranno. Franca e Philipp sono arrivati a destinazione e neanche si sono accorti perché, un breve riposo non puoi toglierlo d’altronde si sta fin troppo comodi, il clima è disteso e la colonna sonora non è così male. Io nel frattempo sono andato dall’autista, ho voluto chiedere quale fosse la stazione radio in diffusione, ma non ho avuto risposta. Mi ha detto di concentrarmi sulle piccole cose, sul significato postivo di un viaggio, arrivo o partenza che sia.
Che tanto prima o poi si torna sempre. Che tanto in realtà non si parte mai, ma si raggiunge chiunque. Che tanto, lo sapete quanto è buona la pasta al forno della Nonna di Philipp?
Magari un giorno lo raggiungo. Sempre in corriera, lungo la strada, pioggia o sole che sia.
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